I meriti delle associazioni e i rischi del vuoto legislativo: luci e ombre della situazione attuale

Avv. Alessandro Rombolà

I meriti delle associazioni e i rischi del vuoto legislativo, cioè dovuti all’assenza di una legge nazionale, sono stati esplicitati dall’avvocato Alessandro Rombolà nel suo intervento al convegno del 16 marzo scorso: sintesi delle luci e delle ombre della situazione attuale.

Da circa 10 anni con il dott. Luigi Carpentiero teniamo aperto lo sportello sul disagio lavorativo di Medicina Democratica qui a Firenze.
Fondamentale è anche il lavoro che stiamo facendo come associazione AIBEL, anche se si tratta di associazione ha un’ottica e un’impronta diversa.

1° punto di forza che accomuna i centri delle associazioni: coprono un vuoto, fanno un lavoro che nessun altro fa

Il punto di forza più importante di tutte queste esperienze è sostanzialmente uno: queste associazioni fanno un lavoro che nessun altro fa.

Da più di 10 anni mi occupo di queste problematiche.
Il punto in comune che ho potuto rilevare da tutte le esperienze che ho conosciuto è il senso di isolamento vissuto dai lavoratori che soffrono delle patologie dovute a queste problematiche quando arrivano a rivolgersi a questi centri.

Purtroppo questo deriva da carenze e mancanze importanti.
Per esempio i sindacati, le associazioni sindacali, che dovrebbero essere in prima linea nel sostenere i lavoratori in queste battaglie, col passare degli anni, ma soprattutto in questi ultimi anni, hanno abbandonato completamente i lavoratori a sé stessi.

2° punto di forza: assistenza qualificata e multidisciplinare

Il secondo punto di forza è il riuscire a dare assistenza con un certo livello di qualificazione professionale.
L’associazione Gli Amici di Daniele lo insegna: occorre dare aiuto e assistenza facendo partecipare i vari specialisti del settore che si occupano dei vari aspetti del problema, perché il disagio lavorativo e il mobbing vanno affrontati da molti punti di vista:
da un punto di vista medico, dal punto di vista della psicologia e della psichiatria, e anche da un punto di vista legale. 

Questi sono, a mio parere, gli elementi positivi delle varie esperienze.

Cosa accade se manca una legge nazionale ?

Ma ora vorrei soffermarmi soprattutto sugli elementi negativi e partirò da un assioma molto semplice:

in un ordinamento democratico il giudice applica la legge

Nel nostro caso (sto parlando del mobbing) il giudice si trova ad applicare una legge che non esiste.
Perché non esiste oggi in Italia una norma che definisca con precisione che cos’è il mobbing.

Questo è un punto abbastanza controverso.

Ho partecipato in questi anni a diversi convegni e confronti e, anche per l’attività professionale che svolgo, quello che mi interessa è soprattutto il parere dei magistrati perché sono loro che sono deputati ad applicare le leggi.

Tranne pochissime eccezioni, lodevoli eccezioni, devo dire, la percezione è che i magistrati sottovalutano questo tipo di problema.

Spesso e volentieri il magistrato, quando viene interrogato su questi punti, risponde in maniera molto semplice e, mi permetto di dire con tutto il rispetto dei magistrati, anche semplicistico:

“ma le leggi ci sono: c’è il Codice Civile, l’art. 2087, c’è il decreto 81 del 2008” che è il caposaldo della sicurezza sul lavoro.”

Ma il mobbing è una cosa diversa: è qualcosa di profondamente diverso e, torno a ripetere, il problema fondamentale è che non esiste oggi una legge che definisca e disciplini il problema del mobbing.

Il primo grande pericolo: il giudice che interpreta la legge

Il giudice si trova, quindi, ad applicare una legge che non esiste.

Ma il problema gli viene posto lo stesso perché deve decidere nel merito quando si trova davanti ad un fascicolo in cui il lavoratore lamenta certi comportamenti da parte dell’azienda.
Quindi cosa fa? Costretto a giudicare, interpreta i fatti illeciti sulla base di una norma che non esiste.

I giudici rispondono dicendo “sì, la legge non c’è ma noi abbiamo dei capisaldi, degli elementi, dei criteri, in primo luogo la legge costituzionale”.

Devo dire che, se questi sono i caposaldi, spesso nell’interpretare, e quindi nel disciplinare i casi concreti, essi sono interpretati molto male.

Infatti abbiamo tutta una serie di sentenze, anche nella recente giurisprudenza da parte della stessa Cassazione, in cui si capisce che il problema del mobbing non viene compreso.

Il secondo grande pericolo: la Corte di Cassazione interpreta in modo diverso gli stessi fenomeni

Faccio sempre un esempio perché mi è rimasto molto impresso.

Circa due anni fa dovevo preparare un intervento a un convegno organizzato da AIBEL, di cui faccio con molto orgoglio parte.
Come al solito, sono andato a cercare nella giurisprudenza della Cassazione per vedere se c’era qualcosa di nuovo.

Ho trovato una sentenza del 23 ottobre del 2016 della Terza Sezione penale della Corte di Cassazione in cui si diceva: il reato di mobbing non esiste. Però, siccome il fenomeno, purtroppo, esiste, va inquadrato nel reato di maltrattamenti in famiglia”.
Già su questo dovremmo fare tutta una serie di osservazioni, ma non voglio annoiarvi con tecnicismi.

Continuo la ricerca e trovo una sentenza del 5 novembre dello stesso anno, quindi a distanza di soli 11-12 giorni, e sempre della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, che candidamente dice che:

il reato di mobbing non esiste. Di conseguenza, occorre individuare in quale altro tipo di reato previsto nel codice penale, o nelle leggi speciali, si può inquadrar, qualsiasi altro reato, tranne che maltrattamenti in famiglia.

In sostanza, la medesima sezione della Corte di Cassazione, e non il piccolo tribunale di provincia, interpreta il mobbing in maniera completamente diversa.

 

Legge nazionale e Leggi regionali

Come AIBEL, ci occupiamo ormai da diversi anni anche delle leggi regionali e di una legge a livello nazionale.

Impresa molto complessa e difficile.

Le leggi regionali hanno grande importanza a livello preventivo (la prevenzione è fondamentale) ma hanno scarsa efficacia a livello repressivo perché le Regioni non possono legiferare in materia penale: lo stesso fatto non può essere reato a Firenze e non reato a Bologna o a Roma.

Per le leggi regionali qualcosa di importante si è fatto.
Ancora una volta devo ringraziare pubblicamente il dottor Giovanni Nolfe che ha avuto un ruolo molto importante nell’approvazione della legge della Regione Campania.

In Toscana siamo in alto mare e su questo lascio la parola al Consigliere Tommaso Fattori.

Testo a cura di Nunzia Pandoli

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