Limiti e difficoltà del Punto di Ascolto Mobbing di Trieste

Limiti, difficoltà e ostacoli all’operatività del Punto di Ascolto Mobbing di Trieste sono illustrati in questo articolo con le parole delle dott.ssa Giulia Balestra al convegno “Risposte al disagio lavorativo” del 16 marzo scorso a Firenze.

1° limite: il punto di ascolto non può fare certificati né psicoterapia

Lavorando sul campo mi sono resa conto subito del primo limite di cui voglio parlarvi e che è relativo al fatto che il nostro è un centro di 1° livello, un centro che offre mera consulenza ma non può fare indagini psicodiagnostiche né accompagnare le persone in causa, né fare percorsi di psicoterapia.
Questo, però, è proprio quello che la maggior delle persone vengono presso un centro come il nostro vogliono.
Quindi il primo ostacolo è proprio quello di dover dire “guardi che noi non le certificheremo se si tratta o no di mobbing o di altri disagi lavorativi” e di inviare le persone ai Centri Clinici.

 

2° limite: i Centri Clinici sono pochi

A questo è collegato un altro aspetto limitante: il fatto che di centri di 2° livello ce ne sono pochi.
Abbiano inviato qualche caso alla Clinica del Lavoro Luigi Devoto di Milano, ma non tutti hanno la possibilità di spostarsi perché, comunque, è un costo e significa anche coinvolgere le famiglie in questa azione.
Per questo motivo abbiamo provato a trovare delle soluzioni, delle soluzioni concrete per aiutare le persone non soltanto a farsi mettere nero su bianco se si tratta o non si tratta di un certo tipo di disagio lavorativo, di mobbing o di altro, ma soluzioni per aiutare anche persone che non rientravano nella cornice di mobbing, il cui disagio non rientrava in questa cornice.

Le soluzioni sono state la creazione di:

  • gruppi di auto mutuo aiuto – come diceva prima Marika Calcini, anche noi a Trieste abbiamo fatto dei gruppi di auto mutuo aiuto
  • percorsi di autodifesa verbale
  • percorsi per aiutare le persone a sviluppare strategie di coping, delle strategie quindi per far fronte alle problematiche lavorative.

3° limite: il finanziamento regionale non prevede i gruppi di sostegno psicologico

Questo sembra un pro ma, in realtà, è un contro, nel senso che noi non abbiamo potuto fare queste attività con il finanziamento previsto dalla regione.
Il finanziamento c’è e non è nemmeno piccolo. Anzi, occorre dire che la Regione Friuli ha investito molto per questa legge ma all’interno del finanziamento previsto non ci sono voci relative alla formazione o ai gruppi di sostegno psicologico per le persone.
Ci sono i fondi per le consulenze del team multidisciplinare, quindi colloqui di maternage, colloqui di approfondimento legale e di approfondimento medico.
Ci sono anche fondi per la pubblicità ma manca quel sostegno in più che invece noi siamo riusciti a dare solo con un rimborso spese che siamo riusciti a ricavare.

BALESTRA 2

4° limite: la continuità del servizio dipende dalla stabilità dell’attenzione politica

Il terzo limite è che la Regione Friuli ha sempre dato grande attenzione al tema del disagio lavorativo ma purtroppo non posso dire altrettanto per altri enti pubblici e privati del territorio e questo ci ha danneggiato.
Questo perché purtroppo, come sappiamo, la sensibilità ai temi del welfare segue, nel bene e nel male, il termometro politico, come si diceva anche prima.
Questo per noi ha fatto una grande differenza.
Non ci ha permesso, addirittura, in certi momenti, pur essendoci un finanziamento stabile, di tenere aperto il punto di ascolto perché, ad esempio, ci facevano traslocare continuamente da una sede all’altra perché “eh ma non troviamo la sede… eh questa stanza non va bene… qui non potete stare, dovete spostarvi …”.
Quindi noi, pur avendo il finanziamento, non riuscivamo a garantire continuità.

Il fatto che non sempre ci sia attenzione a questi temi, mi ha fatto pensare a una frase di Thomas Merton che diceva “Nessun uomo è un’isola”.

Nemmeno il punto di ascolto lo è: ha bisogno di un contesto fertile e di altri partner attivi sul territorio.

Qualche esempio: abbiamo la Consigliera di Parità per i casi di discriminazioni di genere e per il mobbing da maternità, abbiamo il Garante dei Diritti della persona, anche per chi vede lesi i propri diritti all’interno de proprio ambiente di lavoro, abbiamo  i Centri Antiviolenza a cui inviamo tutti i casi di stalking occupazionale e di molestia sessuale nei luoghi di lavoro.

Sono tutte figure molto utili ma anch’esse sono garantite a singhiozzi perché l’attenzione politica su questi temi non è sempre costante.

Importanza della prevenzione

Tutto ciò mi ha portato a riflettere sull’importanza della prevenzione, della cultura sui fenomeni di disagio lavorativo e ho deciso di portare al di fuori del punto di ascolto alcune attività di prevenzione.

La prima è la proposta alle scuole superiori, in particolare alle classi quinte, di un percorso che parte dal fenomeno del bullismo perché i bulli di oggi possono essere mobbers di domani e, comunque, questi sono i nostri lavoratori del futuro: devono conoscere che cosa succederà.
Quindi la prima azione di prevenzione è all’interno delle scuole.

La formazione sui rischi psicosociali nei corsi obbligatori per la sicurezza

La seconda azione di prevenzione la sto realizzando con l’opportunità che ho come formatrice sui temi obbligatori della sicurezza.
Ho inserito, infatti, all’interno dei corsi obbligatori ai lavoratori sulla sicurezza i temi dei rischi psicosociali in modo tale che i lavoratori ma anche i datori di lavoro che ascoltano questi temi si rendano conto di quanto sia conveniente per tutti che i lavoratori stiano bene, perché se un lavoratore lavora serenamente in azienda, se le persone sono felici di lavorare in quell’azienda, anche i bilanci, poi, sono in forma.

Grazie mille.

 

Testo a cura di Nunzia Pandoli

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