L’esperienza dei Centri Clinici del Lazio e di AIBEL nel racconto di Enzo Cordaro

L’esperienza dei Centri Clinici del Lazio nel racconto di Enzo Cordaro, Presidente di AIBEL – Associazione Italiana Benessere e Lavoro, al Convegno del 16 marzo scorso a Firenze. 

Come è nata AIBEL

AIBEL (Associazione Italiana Benessere e Lavoro) è un’associazione che nasce dopo che il Governo Berlusconi ha chiuso l’ISPESL (Istituto Superiore per la Sicurezza sul Lavoro) e, chiudendo l’Ispesl, ha chiuso anche il network sullo STRESS CORRELATO AL LAVORO, network a cui partecipavano tutti i centri che all’epoca erano aperti in Italia e che si occupavano proprio di stress e disagio lavorativo, mobbing,burn out.
Vi posso garantire che all’epoca c’era un elenco lunghissimo dei centri, ma un elenco proprio enorme, bello, fatto da persone che oggi non lavorano più in questo campo, purtroppo, e rappresentava una realtà molto ricca di pensiero e di idee in merito a questi temi.
Chiudere l’Ispesl e il network sullo stress lavoro correlato, ha voluto dire depauperare molto le forze e le potenzialità che quella realtà portava con sé.

Oggi noi siamo un’associazione che sta cercando di tenere viva quella realtà e rappresentiamo alcuni dei centri ancora esistenti.

Vengo alla domanda.
Ho lavorato sino al 2014 (oggi sono in pensione, forse uno dei pochi fortunati) ma continuo a lavorare in questo campo come consulente e sono presidente di questa associazione.
Per parlare dei punti di forza, devo ricordare quello che ho fatto fino al 2014 e quello che poi ho trasmesso all’interno delle realtà in cui oggi sono consulente e all’interno della politica professionale che AIBEL sta portando avanti.
Alcune cose sono stati già dette dal collega Nolfe e dalla dott.ssa Balestra, ma anche dal dottor Calderaro.

Il mobbing è un processo interno al sistema delle relazioni organizzative

Innanzitutto partiamo dal fatto che il mobbing non può essere preso come un fenomeno a se stante perché altrimenti diventa poco comprensibile. Ma deve essere preso all’interno di un processo.
Il mobbing ha una processualità che rientra in una dimensione riferita alla realtà relazionale dell’organizzazione. E’ un processo che ha delle tappe estremamente complesse.

Per esempio, una prima tappa è proprio un disagio individuale che però è legato al modello organizzativo, è un disagio che viene vissuto dall’individuo all’interno dell’organizzazione.
Ma se questo disagio individuale, dovuto alle costrittività organizzative, perdura nel tempo, la dimensione che viene a risentirne è proprio la dimensione relazionale.  Il che implica difficoltà che si caratterizzano poi come mobbing.

C’è quindi una processualità che va studiata, analizzata e capita. 

Questo è un primo aspetto che non è solo un aspetto culturale.
E’ anche operativo, perché immaginare che ci occupiamo solo della rilevazione clinica del disagio, mobbing compatibile o burnout compatibile, di fatto ci lascia poveri e incapaci di fare una vera battaglia contro il disagio. 

Noi dobbiamo avere la capacità di leggere le organizzazioni, di entrare dentro i processi organizzativi, di modificare i processi organizzativi.

Per intervenire sui processi organizzativi occorre il mandato di una legge

Per fare questo abbiamo bisogno di un mandato molto forte. E un mandato molto forte può venire soltanto da una legge forte che permette questo.

Sappiamo che il decreto legge 81 del 2008 ha introdotto il tema, ma in modo molto limitato.
Per cui, come AIBEL abbiamo proposto una modifica della legge 81 e porteremo avanti questo nostro progetto con tutte le forze, perché sappiamo bene che se la legge non è forte, il mandato degli operatori, che lavorano sia nell’area del privato sociale che nell’area pubblica, non ha possibilità di essere espressa.

 

Assistenza prolungata per un reale sostegno alla persona

Il secondo punto di forza dei centri (lo diceva bene Nolfe) non è solo la certificazione: i centri non possono essere dei meri certificatori delle malattie da disagio sul lavoro.
I centri devono essere in grado di seguire la persona che porta il disagio.

E’ quindi importante che siano capaci di instaurare un rapporto che si prolunga nel tempo.
In pratica devono dare un’assistenza prolungata, offrendo un reale sostegno di carattere psicologico, psicoterapeutico e/o psichiatrico.

 


I centri devono collaborare in rete. Ma che succede quando ne rimane uno solo ?

Un terzo aspetto, fondamentale, è che qualsiasi realtà che agisce in questi termini non può essere isolata. Deve essere collegata in rete con altre realtà che si occupano di queste stesse cose.
Per cui, per esempio, è fondamentale il collegamento con gli SPreSAL (Servizio Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro).
Per ciò che riguarda Roma, quando è sorto il mio centro, nel 2005-2006, erano attivi altri 2 centri importanti.
Purtroppo, quando sono venuti a mancare i rispettivi responsabili, questi 2 centri sono stati chiusi. Così, quando io sono andato in pensione, il mio centro è stato indebolito e funziona in modo molto ridotto. Uno degli effetti è che adesso chi vuole fare l’accertamento sul mobbing paga circa 700 Euro perché questa prestazione è stata tolta dai LEA (Livelli Essenziali di Assistenza).

Oggi esiste un solo centro a Roma, per fortuna. Qui presenti abbiamo la responsabile dello Spresal Roma 2, la dottoressa Giuseppina Bosco, e la dottoressa Nardella, che lo stanno portando avanti con grande impegno e sostengono sulle proprie spalle tutto il grosso peso dell’ultimo centro pubblico su cui si può contare a Roma.

Grazie.

Testo a cura di Nunzia Pandoli

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