L’esperienza del Punto di Ascolto Mobbing di Trieste

Tavolo Giulia Balestra

L’esperienza del Punto di Ascolto Mobbing di Trieste è stata sintetizzata dalla dott.ssa Giulia Balestra nel primo intervento della Tavola Rotonda che si è svolta nell’ambito del convegno del 16 marzo scorso.

Aspetti positivi, punti di forza, benefici, vantaggi del servizio

Sono passati 11 anni da quando ho iniziato il mio percorso presso il Punto di ascolto mobbing di Trieste con la sua responsabile, la dott.ssa Urciuoli.
A quel tempo stavo svolgendo il tirocinio per il conseguimento della laurea in Psicologia.

1° punto di forza: sostegno e orientamento per ogni forma di disagio lavorativo

Il primo punto di forza è quello che ho notato subito, appena ho messo piede all’interno del centro, ed era che noi non accoglievamo solo casi di mobbing conclamato, da manuale, ma accoglievamo tutta una serie di disagi lavorativi.

Anche se si chiama “Punto di Ascolto Mobbing di Trieste“, si va ad accogliere persone che hanno una serie di disagi lavorativi che hanno nomi e caratteristiche diverse quali straining, stalking occupazionale, whistleblowing, di-stress, burnout, non c’è soltanto il mobbing.

Di conseguenza, abbiamo studiato tutte queste forme di disagio non solo per nostra cultura professionale ma proprio perché per le persone che accogliamo è importante dare un nome a ciò che vivono, per poter trovare poi delle soluzioni concrete e appropriate.

2° punto di forza: una sede in ogni provincia per coprire l’intera regione

In realtà la regione Friuli Venezia Giulia  (e arrivo al 2° punto di forza) ha istituito ben 7 punti di ascolto all’inizio e cioè quando, nel 2005, si è dotata di una legge.
Oggi, di questi punti di ascolto ne sono rimasti 4, uno per ogni provincia.

E questo è un punto di forza perché ci ha permesso, innanzitutto, di ascoltare persone su tutto il territorio e, quindi, di avere esperienza di molti casi (solo nel punto di ascolto di Trieste io ho ascoltato più 500 persone nel mio percorso).

Praticamente, avendo 4 punti di ascolto, c’è stata la possibilità di studiare il fenomeno, di vedere come fosse eterogeneo all’interno della stessa regione e di capire anche quale peso avessero le variabili sociali e di contesto nella diffusione del disagio lavorativo.


3° punto di forza: stabilità del finanziamento

Tutto questo è stato possibile, e arrivo al 3° punto di forza, perché la Regione ha investito molto sul tema, ha fornito per anni fondi ai centri e li ha anche rafforzati.
Ha intensificato il finanziamento e negli anni ha portato ad essere un servizio stabile quello che all’inizio, quando io ho iniziato il tirocinio, era solo un progetto.

Oggi è dunque un servizio stabile, non soggetto a finanziamento ogni anno, ma  è un servizio stabile e continuativo a disposizione di tutti i lavoratori e le lavoratrici della regione.

Concludo questa prima parte augurando alla Regione Toscana di entrare al più presto a far delle regioni virtuose su questo tema e a legiferare quanto prima.

Innanzitutto perché questo permette di tendere una mano ancora più forte alle lavoratrici e ai lavoratori ma anche perché dobbiamo fare fronte unito tra regioni per ottenere una legge a livello nazionale.

Il fenomeno è sistemico e ha COSTI DI SISTEMA

Negli anni abbiamo capito che non basta più appellarsi alla responsabilità civile dei datori di lavoro per combattere il mobbing.

E’ un tema che riguarda tutte le persone: riguarda le famiglie con il doppio mobbing ma in realtà è un fenomeno ancora più grande. E’ un fenomeno sistemico.

Riguarda la vittima e la sua famiglia che va a spendere un sacco di soldi per tutta una serie di spese sanitarie, spese per gli approfondimenti legali e per gli approfondimenti psicologici.
Ci sono poi le spese per le aziende: occorre far capire alle aziende che il mobbing costa e costa moltissimo.
Nel momento in cui ho due persone, una che attacca e una che si difende, nessuno sta lavorando e quindi c’è un calo produttivo.

Poi ci sono un sacco di ripercussioni, a partire dai costi di formazione per le persone da inserire in sostituzione di chi fuoriesce. La perdita di un valido dipendente costa tantissimo.

Gesto Balestra che parla

Si tratta di costi per le persone, per le famiglie e per le aziende: sono costi a carico della collettività per la perdita di risorse umane, costi che sosteniamo tutti per il reinserimento delle persone nel mondo del lavoro.

Inoltre il Servizio Sanitario Nazionale sostiene le spese per i farmaci per tutte queste persone e anche per i componenti delle loro famiglie.

Ci sono poi spese per gli interventi di pronto soccorso e tutti noi, come società, paghiamo per i ricoveri ospedalieri.

Gli Enti previdenziali pagano per le assenze dovute a malattie che sono anche di due, tre, quattro mesi per i lavoratori che, dopo la malattia, non riescono neanche più a rientrare al lavoro.

In sintesi, questo è un motivo in più per legiferare e fermare questo spreco di denaro che è anche pubblico.

 

Testo a cura di Nunzia Pandoli

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